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scienza e storytelling

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Chiamami placebo, sarò il tuo farmaco

Il placebo è un farmaco. Non esiste fisicamente un principio attivo che giustifichi il suo effetto. Può essere una pillola di zucchero o acqua fatta passare per sciroppo. Eppure cura davvero, e può avere effetti pari o addirittura superiori a quelli dei farmaci veri. Perché attiva meccanismi biochimici in tutto simili a quelli usati dai principi attivi. «La cosa è affascinante anche da un punto di vista evolutivo: il nostro corpo ha dei meccanismi interni, come ad esempio il sistema endogeno oppioide e il sistema endocannabinoide, potenti analgesici, che si attivano anche solo ascoltando parole che suscitano aspettative positive o Continua a leggere...

Noi, i randagi del metrò di Mosca

Se vi trovate a Mosca persi nell’intrico delle dodici linee della metropolitana, i cartelli in cirillico vi paiono geroglifici e non spiccicate una parola di russo, provate a farvi guidare da un cane. Sono 35 mila i randagi della città, e cinquecento di loro hanno scelto la metropolitana come habitat. Tra questi, si sarebbe addirittura sviluppata una «super-razza»: una ventina di esemplari che, per la loro padronanza degli spostamenti in metropolitana e per la loro destrezza nel mendicare cibo ai passeggeri, spingono l’etologo Andrei Poyarkov a pensare che si tratti di un gruppo la cui intelligenza è di gran Continua a leggere...

Sliding doors: quando i divi si incontrano per caso

E’ una sera del novembre 1891 a Parigi. Marcel Proust, appena rientrato al 9 di boulevard Malesherbes, dove abita, trova la toilette occupata. «Chi è in bagno?» chiede. «Oscar Wilde» è l’imbarazzata risposta. Allo scrittore inglese, arrivato pochi minuti prima per un invito a cena, era scappato un impudente “Ma che brutta casa!” che non passò inosservato ai parenti di Proust. Vergognandosi a morte per il suo exploit, Wilde non aveva trovato di meglio che barricarsi nella toilette. A spiare dall’occhiello questo ed altri cento altrettanto singolari tête-à-tête tra grandi protagonisti dell’arte, della cultura e della storia è Craig Brown, Continua a leggere...

Inconsapevole bellezza

Gli oceani ospitano una bellezza nascosta, ignota alle stesse creature che la sfoggiano: quella delle lumache marine del genere Nembrotha. «I loro occhi sono assai rudimentali, ma noi subacquei possiamo godere dei loro colori straordinari» ci spiega Alex Mustard, biologo marino e fotografo professionista. Mustard, che ha pubblicato le sue immagini su decine di riviste internazionali, quest’anno è entrato nella preselezione del Wildlife Photographer of the Year, il premio per la fotografia naturalistica promosso da Natural History Museum di Londra e Bbc, proprio con la foto di Nembrotha kubaryana che vedete qui sopra. «Questo splendido animale vive solo nelle acque Continua a leggere...

Anche i cavallucci marini, nel loro piccolo…

I cavallucci marini? Non nitriscono, naturalmente, ma in compenso ringhiano. È la curiosa scoperta fatta da un gruppo di biologi della Universidade Estadual da Paraíba a João Pessoa guidati da Tacyana Oliveira. Finora si pensava che i membri del genere Hippocampus comunicassero tra loro solo emettendo dei «click». Il team brasiliano ha visto invece che, in situazioni di perciolo, sono in grado di produrre anche un lievissimo ma, a detta degli esperti, minaccioso brontolio.

«La letteratura scientifica sul modo in cui i cavallucci marini comunicano è scarsa, così abbiamo deciso di investigare» spiega Tacyana Oliveira. «All’inizio ci interessavano i suoni Continua a leggere...

Lost in Shangri-la: l’avventura più incredibile

Il 16 maggio 1945, in mezzo alle montagne della Nuova Guinea, due mondi si incontrarono, e millenni di differenza tra civiltà lontane e incomprensibili l’una all’altra svanirono in pochi minuti.

A ricostruire quella storia straordinaria tramite documenti d’archivio e interviste è oggi Mitchell Zuckoff, docente di giornalismo alla Boston University, nel libro Lost in Shangri-La (ed. HarperCollins, pp. 384, euro 19,85. Best book of 2011 secondo Amazon USA).  In quei giorni la Nuova Guinea era, per l’esercito statunitense impegnato contro i giapponesi, terra di mistero: coste dense di giungle e paludi, e all’interno montagne difese da spuntoni rocciosi e coperte
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